Nell’ultimo decennio la crescente digitalizzazione della vita ognuno di noi ha comportato diversi cambiamenti, soprattutto rispetto al modo di cercare e trovare informazioni riguardo alle persone che ci circondano. Google, il più noto motore di ricerca, permette agli utenti il facile reperimento e molto veloce di informazioni su un qualsivoglia avvenimento ed una determinata persona attraverso parole chiave e query. Il database di Google, seppur utile, in alcuni casi risulta essere deleterio per tutti quei soggetti che sono stati interessati da accadimenti pregiudizievoli.
Tra cancellazione e deindicizzazione
La rimozione dei contenuti di Google, però, non sempre viene posta in essere dai motori di ricerca come Google né tantomeno dai responsabili delle pagine sui quali vengono caricati i contenuti. Invero alla rimozione dei contenuti su Google, viene preferita la deindicizzazione, la quale consegue lo stesso effetto pratico, vale a dire quello di nascondere le informazioni correlate al proprio nominativo dai risultati del motore di ricerca, così da non renderli visibile in rete. Il diritto alla deindicizzazione è, come detto, strettamente connesso al diritto all’oblio, tanto è vero che quando il trattamento dei dati personali è illecito in ossequio ai principi previsti dal GDPR ed all’adeguamento del Codice della privacy, l’interessato può chiedere la deindicizzazione dei propri dati da Google. Dunque, come visto, spesso le richieste formulate agli editori o alle testate giornalistiche, non ottengono esito favorevole. Una delle maggiori giustificazioni al diniego è sicuramente la permanenza del diritto di cronaca e dell’interesse storiografico di quella determinata notizia, sul diritto all’oblio vantato dall’interessato. Google però non lascia privi di tutela gli utenti a cui l’editore abbiano rigettato la richiesta, fornendo altresì un modulo apposito per la deindicizzazione delle informazioni pregiudizievoli. La deindicizzazione dai motori di ricerca, seppur non equipollente alla cancellazione, in punto di praticità consegue i medesimi effetti; attraverso questo metodo si ottiene la cancellazione delle informazioni relative a quel soggetto nelle query di Google, la notizia di fatto sarà visibile ma solo agli utenti che si collegheranno sulla pagina in cui è contenuto l’articolo.
Cosa prevede il GDPR sulla deindicizzazione?
Il GDPR ha previsto che il diritto alla deindicizzazione possa essere esercitato in presenza di alcuni presupposti tassativi, sempre rispettando i diritti fondamentali in gioco, vala dire il diritto all’oblio del singolo interessato e l’interesse collettivo ad essere informati sulle vicende di cronaca. Il diritto alla deindicizzazione ed alla rimozione dei dati personali dal motore di ricerca, o più in generale dal web, può essere esercitato ogni laddove il trattamento dei dati personali sia illegittimo, non più attuale o necessario e che sia effettuato in assenza del consenso dell’interessato. Presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio, che qui si ricorda avere effetti differenti rispetto a quelli della deindicizzazione, sono dunque utilizzabili anche al diritto a deindicizzare i propri dati personali dai risultati del motore di ricerca come Google. Nonostante ciò, tale diritto incontrerà il limite dell’interesse pubblico alla permanenza in rete delle informazioni personali, dovendosi avere un contemperamento delle esigenze in gioco sia del singolo che dovrà necessariamente soccombere di fronte a quello superiore della collettività.