Il diritto all’oblio a partire dalla pronuncia Costeja nel 2014 viene oggi considerato quale diritto fondamentale che deve essere garantito a tutti gli utenti del web. Siffatto diritto all’oblio viene considerato quale diritto che serve agli utenti per cancellare dal web tutti i dati personali di un soggetto al fine di non arrecargli un danno ingiusto, laddove questi siano obsoleti o non aggiornati. Per poter adire il diritto all’oblio nei confronti dell’interessato, il Titolare che ha nella sua disponibilità quelle informazioni del soggetto che sono state divulgate su un determinato sito web o anche su di una pagina di un social, se rispetta determinati requisiti, conserva l’obbligo di rendere edotto della richiesta di rimozione di tutti gli altri titolari che trattano allo stesso modo i dati personali cancellati. Sul punto, ai sensi dell’art. 17 par. II del GDPR si fa riferimento a “qualsiasi link, copia o riproduzioni”.
Il diritto all’oblio nella cronaca penale
Il tema del diritto all’oblio può essere esposto a vari settori, uno di quelli per cui viene maggiormente richiesto è quello della cronaca penale e della privacy. In questo senso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è espressa chiarendo che il giudice, il quale passa notizie ai giornalisti ovvero atti del processo è coperto dalle garanzie di cui all’articolo 55 del Regolamento Europeo sulla protezione dei dati. In punto di diritto una disposizione importante è sicuramente l’articolo 55 del GDPR, vale a dire il Regolamento Europeo sulla protezione dei dati, chiarisce testualmente che “le autorità di controllo non sono competenti per il controllo dei trattamenti effettuati dalle autorità giurisdizionali nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali”. La ragione principale che ha originato una simile definizione da parte della norma è quella secondo la quale deve esserci l’indipendenza della magistratura rispetto all’adempimento dei propri compiti giurisdizionali, compreso il c.d. processo decisionale.
La Corte di Giustizia 2022 in tema di privacy
Invero a questo punto pare utile chiarire come la Corte di Giustizia, emettendo la pronuncia in data 24 marzo 2022, dopo aver operati una breve analisi dell’art. 55 del GDPR, ha chiarito come “il riferimento alle operazioni di trattamento effettuate dalle autorità giurisdizionali «nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali» di cui all’articolo 55, paragrafo 3, del regolamento 2016/679 deve essere inteso, nel contesto di tale regolamento, come non limitato ai trattamenti di dati personali effettuati dalle autorità giurisdizionali nell’ambito di cause concrete, bensì come riguardanti, più in generale, l’insieme delle operazioni di trattamento effettuate dalle autorità giurisdizionali nell’ambito della loro attività giurisdizionale, cosicché sono escluse dalla competenza dell’autorità di controllo le operazioni di trattamento il cui controllo da parte di tale autorità potrebbe, direttamente o indirettamente, influenzare l’indipendenza dei loro membri o pesare sulle loro decisioni”. Nonostante ciò la circostanza secondo la quale le Autorità deputate al controllo della privacy, quali i Garanti Privacy, non siano competenti a sanzionare il giudice non serve ad escludere la potenziale illiceità del trattamento.